Incipit di “Racconti scelti per pesciolini d’argento” di Marco Parlato (Gorilla Sapiens Edizioni)

Anche stamattina la trappola era piena, ma in breve l’illusione di averli eliminati ha lasciato il posto all’avvilimento. Ce n’erano ancora.
Ogni giorno tornano ai loro posti, solitamente sulla parete, poco più in alto del battiscopa
da riparare; i più impertinenti fanno oscillare le antenne mentre scalano la scrivania. Hanno la posa, l’atteggiamento di chi non ha intenzione di demordere. Non li scoraggia il vano sacrificio dei compagni ingenui, attratti nella trappola dalle briciole di pane. Per loro sono io a dovermene andare. Tà! Colpisco con un giornale arrotolato pavimento, pareti, mobili, scrivania, qualsiasi superficie scelta per una sosta. Li ammazzerò tutti, dovessi abbattere e rifare daccapo l’appartamento. Impresa che realizzerei se avessi i soldi, ma
se avessi i soldi non guarderei nemmeno per sbaglio questo bilocale umido, subaffittato dai
pesciolini d’argento che brulicano dietro la carta da parati. A proposito di denaro, dovrebbe essere arrivato il bonifico della Verbena Tv, è un mese che lo aspetto. Adesso controllo il sito della banca e poi mi metto al lavoro: devo montare il video del matrimonio, e soprattutto uscire per la spesa, o farò la fine di Abél, che cenò con un barattolo di maionese. Abél ci sapeva fare con le donne, ci sapeva fare con tutti, eppure si ridusse
a piangere per terra, mentre imboccava cucchiaiate dense di lacrime e maionese fredda.
Eccone un altro! ! Schiacciarli con il giornale è il metodo migliore, per disfarsene. Oltre a essere rapido, soddisfa l’astio che provo per questi minuscoli intrusi.
Clara direbbe che somiglio al protagonista di Come un topo, l’impiegato Dursun, che aiuta
il sorcio contro l’avanzata degli scarafaggi nella cantina. Conosco la storia senza averlo letto, Clara ne parlava in continuazione mentre lo traduceva. Il manoscritto dovrebbe stare ancora qui, tra le pile di ciclostilati e di fogli volanti che mi ha lasciato. Il cartaceo sepolcro della nostra relazione… ! Un altro schifoso è andato.
Come un topo è una metafora. I romanzi che Clara traduceva erano tutti metaforici, diceva,
perché l’Azerbaigian è stato sotto il regime sovietico
fino al ’91, ma io sono convinto che era lei
a cercare metafore ovunque, le avrebbe trovate dove non c’erano. Mi chiedo se il suo romanzo segreto, quello che mi avrebbe tenuto nascosto, se non ne avessi scoperto l’esistenza per coincidenze fortuite, contenesse metafore.
Per tornare a Come un topo, era un romanzo scritto da un certo Buduk, oppure Budak, un
nome che fa pensare agli snack iperglicemici venduti nei discount.
Il protagonista, Dursun, rappresenta il popolo azero che aiuta gli antisovietici, e cioè il topo costretto a combattere da solo contro il regime: la marea di scarafaggi. Dursun è un impiegato dalle pretese minime. Gli basta svolgere con puntualità e pignoleria il lavoro di ufficio, dove discute con i colleghi durante brevi pause. Di solito commentano la situazione politica in perenne stallo e le previsioni meteorologiche.
– Ma domani cambia tutto! – annuncia sempre un suo collega, che si guadagna l’approvazione degli altri, con le teste che fanno su e giù, mentre Dursun non capisce se a cambiare l’indomani sarà il governo, oppure il tempo, col sole in arrivo dopo le giornate di pioggia.
Non sogna una grande carriera. Per lui è sufficiente una passeggiata dopo il lavoro, quando le luci dei lampioni si mescolano al tramonto; un film al cinema ogni settimana, la musica classica alla radio prima di dormire. Piccole e piacevoli distrazioni, alle quali si aggiunge la conoscenza del topo.
Una sera in cui la radio si guasta, scende in cantina alla ricerca di vecchi apparecchi, dai quali prelevare pezzi utili come ricambio. Era stato il padre a insegnargli come aggiustare le radio, collezionate e accatastate nel piano interrato.
– Potrebbe tornare utile! – giustificava così l’acquisto dell’ennesimo cimelio al mercatino
domenicale.
La scoperta di un topolino che annusa gli anfratti umidi della cantina non lo disturba. Anzi,
risale in fretta nell’appartamento per procurarsi scorze di formaggio. Il roditore ondeggia il musetto, in segno di ringraziamento, e trasporta i foraggiamenti nella tana. Col tempo entrano in confidenza. Il topo non teme di acquattarsi nel palmo di Dursun, ma talvolta, senza apparente motivo, scappa via nel buchino che dà accesso al suo rifugio.
Inizialmente perplesso, Dursun capisce che le fughe sono dovute alle apparizioni degli scarafaggi sul lato opposto della cantina. Di conseguenza cosparge di insetticida le zone che gli sembrano critiche, per scoprire che il topo si avvicina alla polverina bianca, la raccoglie con la coda e la deposita altrove. Da qui la decisione di aiutare indirettamente l’animaletto, che conosce meglio i punti da difendere.
Ogni sera Dursun lascia davanti alla tana del sorcio sacchettini aperti di insetticida. Al mattino scende a controllare e a ripulire il campo di battaglia, invaso da carcasse rinsecchite. Quando il topo gli sale sul palmo della mano, lui indica gli scarafaggi sopravvissuti, che fanno capolino dalle pareti, e sussurra: – Domani cambia tutto!
Lo sterminio di invertebrati in Come un topo è giustificato dalla metafora, io agisco solo per
ribrezzo. Non so se li avete mai visti, i pesciolini d’argento, quando avanzano con le movenze subdole e veloci. Nevrotici, incontrollati, nuotano camminando. Questa interferenza tra mondi li rende alieni, insostenibili al pensiero umano prima che alla vista. La repulsione, lo confesso, è alimentata da una sorta di trauma infantile, un primo incontro poco ideale.

[continua in “Racconti scelti per pesciolini d’argento” di Marco Parlato, Gorilla Sapiens Edizioni]

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IL LIBRO: Chiuso in casa per ultimare un montaggio, un tecnico video freelance trascorre una lunga giornata nel suo appartamento infestato dai pesciolini d’argento e dai ricordi della sua ex, Clara. Il tempo viene così scandito dagli attacchi omicidi contro gli odiosi animaletti e dalle storie che Clara, traduttrice di romanzi dell’Azerbaigian, gli raccontava.
Dal passato e dal presente fanno capolino, poi, altri personaggi come il vecchio coinquilino Abél, che finì per cenare con un barattolo di maionese, o il nuovo coinquilino Cesare, fantasma di un pesciolino d’argento che aiuterà il protagonista a risolvere il mistero che lo tormenta da quando Clara è andata via.
“Racconti scelti per pesciolini d’argento” è un romanzo, ma è anche molti romanzi, storie abbozzate e sbocconcellate dal protagonista, proprio come dai suoi agguerritissimi, piccoli nemici.
L’AUTORE: Marco Parlato è nato a Vico Equense nel 1986. Nel 2014 ha pubblicato il romanzo Tiroide (Gorilla Sapiens Edizioni). Nel 2015 è stato autore del progetto Scritture Giovani del Festivaletteratura di Mantova. Vive e scrive a Foligno, ma giura di riuscirci anche altrove.

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