“La sera che ho deciso di bloccare la strada” di Walter Comoglio (Gorilla Sapiens Edizioni)

La sera che ho deciso di bloccare la strada, le nuvole sembravano un soffitto a intermittenza.
Conosco a memoria il meccanismo di questo semaforo. Il verde per i pedoni scatta solo a chiamata ma blocca tutto l’incrocio. Per circa una decina di secondi nessuno è autorizzato
a fare una mossa. Sono attimi di sospensione, dove fai un resoconto generale non approfondito delle cose. Sei davvero sereno perché sai che non durerà e che non è il caso
di soffermarsi ad analizzare quel leggero spasmo nervoso che ti affiora sul collo quando distendi le mani sul volante. I dieci secondi ti servono a risistemarti, riprendere la postura che ti pare adatta a creare una continuità morbida con il tuo sedile. Stai pregustando qualcosa che ancora ti sfugge. Ma ogni ostacolo mentale verrà presto rimpiazzato da un qualcosa di solido, tangibile e disarmonico.
Il bagagliaio è già carico di tubi, la base di un ombrellone, mattonelle, la nostra bandiera e ostacoli vari rubati nei cantieri da Duarte. Abbiamo una grande confusione nel bagagliaio. Duarte è d’accordo, lui è sempre d’accordo su tutto. Anche se gli dicessi che dopo bisogna disfare tutto, lui sarebbe d’accordo. Anche quando lo chiamo pigliainculo lui è d’accordo. Non fa finta di niente, è proprio d’accordo. Metto in moto mentre il buio ci piomba definitivamente addosso e le nuvole si rassodano in cielo.


I primi ostacoli li ha posizionati lui, due barriere arancioni alte un metro e mezzo circa. Le ha messe di traverso, occupando mezza carreggiata, partendo da destra. Non gliene importa nulla a Duarte di costruire un castello dalle fondamenta. I primi automobilisti neanche ci hanno fatto caso. Semplicemente evitavano le barriere con una lieve sterzata.
Sembrava la ritenessero una situazione consueta, qualcosa che avevano già visto e che non meritava un’eccessiva attenzione. Nello schema mentale standard è proprio così che
cominciano i lavori sulle strade e una piccola deviazione è tutto sommato accettabile se è anticamera del progresso. Dall’altro lato della strada, ho chiamato il semaforo pedonale,
atteso il verde e aperto il bagagliaio. Una decina di tubi di ferro sono rotolati sulla strada. A prima vista non hanno preso una direzione precisa e si sono sparpagliati lungo entrambe le carreggiate, obliqui ma ben visibili. Un taxi era fermo al semaforo pedonale e quando è scattato il verde non si è mosso. Qualcosa stava succedendo. Ho preso le mattonelle dal bagagliaio e le ho sistemate una sopra l’altra partendo dal marciapiede verso il centro strada. Il tassista ha abbassato il finestrino. Era nero e non aveva un’espressione particolare. Io ho allargato le braccia per scusarmi del disagio. Duarte nel mentre mi aiutava a scaricare altre mattonelle. Un auto proveniente da sinistra guidata da una donna con gli occhiali si era bloccata davanti ad alcuni tubi. Posizionavo le mattonelle una sopra l’altra, volevo farle arrivare fino agli ostacoli di Duarte. Sono giunte altre auto. Una Ford guidata da un ragazzo in camicia si è fermata molto vicina a un ostacolo. Il ragazzo che la guidava ha suonato istintivamente il clacson, ma in modo decisamente troppo lieve per avere un seguito. Le altre auto non potevano che accodarsi a chi si era fermato. Io e Duarte, costruito il blocco, ci siamo presi una pausa a bordo strada. Continuavano ad arrivare automobili e probabilmente le ultime della fila non avevano neanche idea che la strada fosse bloccata. Nessuno poteva lamentarsi. Il blocco era un dato di fatto. Duarte era d’accordo. L’ennesima sconfitta del libero arbitrio, ha detto. Al centro dell’incrocio c’era un segnale rotondo di vernice bianca ed è lì che abbiamo deciso di mettere la nostra bandiera. Prima che qualche guidatore dalle retrovie perdesse la testa, stanco di quei dieci secondi prolungati in eterno, la base dell’ombrellone stazionava già a centro incrocio. La nostra bandiera è azzurra, con una croce bianca al centro. Ho infilato il bastone appuntito nella base mentre Duarte rifiniva gli spazi. Ora una pioggia lieve batteva sui parabrezza delle automobili e la nostra bandiera sventolava lentamente. Ci siamo seduti a centro strada. Duarte era con me, lui è sempre con me, al mio fianco. Siamo l’entità che controlla questo posto.

[tratto dall’omonima raccolta di racconti “La sera che ho deciso di bloccare la strada” di Walter Comoglio, Gorilla Sapiens Edizioni]la-sera-che-ho-deciso-di-bloccare-la-strada-isbn

IL LIBRO: I discepoli dell’eccentrico cardinale Salwator “Mazinga” alle prese con un allenamento pseudo-militare e una dottrina sui generis (“La squadra Salwator”); un cane che racconta in prima persona le vicissitudini di una vita in fuga dagli uomini, dai cani e da qualunque società (“Fritz”); una sgangherata band che pretende di usare esseri umani come strumenti musicali (“Tedeschi suonano altri Tedeschi”); due bizzarri venditori di pesci, additati da tutti come criminali impegnati in loschi affari, che solo gli occhi del narratore riescono a vedere nella loro natura di semplici idioti (“Due idioti”). Sono questi alcuni dei protagonisti che popolano le storie di Walter Comoglio.
Nel racconto che dà il titolo al libro, due ragazzi decidono di bloccare un incrocio, in modo da creare uno spazio (come un fortino) che impedisce il passaggio alle macchine e sottrae alla strada la propria funzione. Con questa efficace immagine viene dispiegato uno dei temi portanti della raccolta: la ricerca di una libertà, cui è possibile accedere attraverso il sovvertimento di una parte della realtà.
Il centro unificante di questa raccolta è dunque rappresentato da una stessa spinta propulsiva, come un istinto di libertà ricorrente, che sembra animare le azioni dei protagonisti.
L’AUTORE: Walter Comoglio nasce nel 1984. Scrive fondamentalmente racconti.
È co-fondatore della rivista umoristica Sporco di cui non esiste neanche una copia in digitale. Suona il basso, la chitarra e qualsiasi cosa abbia una corda. Pensa di compensare la mancanza di tecnica con l’energia. Non ama lavorare in gruppo e non pensa di essere una persona molto democratica. Ama invece andare in bici con il vento che lo sballotta ovunque. A volte è davvero felice, a volte meno, ma poi passa tutto. Vive in Irlanda. “La sera che ho deciso di bloccare la strada” è il suo primo libro.

Leave a Reply

Fill in your details below or click an icon to log in:

WordPress.com Logo

You are commenting using your WordPress.com account. Log Out /  Change )

Twitter picture

You are commenting using your Twitter account. Log Out /  Change )

Facebook photo

You are commenting using your Facebook account. Log Out /  Change )

Connecting to %s