“Profughi” di Mario Greco

Durante quel lungo cammino, c’era sempre qualcuno che, appropriandosi del titolo di capospedizione, diceva: «Andate avanti, non fermatevi, non voltatevi indietro!» Ma quasi tutti, inevitabilmente, si fermavano, si voltavano indietro, piangevano e si disperavano per tutto ciò che, in fretta e furia, avevano dovuto abbandonare: dei vecchi genitori infermi, una casa (o quel che ne restava), una mucca, delle galline, un cane…
Ora, dopo qualche anno, uno di questi forzati viaggiatori ha avuto la fortuna di trovare di nuovo un suo posto nel mondo. Ha trovato una terra che lo ha accolto, una casa, un lavoro.
Scava. Per adesso è questa la sua mansione. Una strada, un martello pneumatico, le cuffie sulle orecchie. Perfora l’asfalto, lo sbriciola, disseppellisce millenarie radici contorte, affonda la punta di quell’arnese nella terra scura dove ribollono altre vite minuscole. Dei lombrichi, per esempio, che, sotto il rimbombare di quell’arma infernale, strisciano fuori dallo scavo, si arrampicano sulle pareti sbriciolate, tra i detriti. E nel breve intervallo della pausa pranzo, mentre mangia un panino, quest’uomo li osserva, segue i loro lenti spostamenti, ne prende addirittura qualcuno dal fondo, lo issa su un ramoscello e lo deposita sulla sponda del fosso.
«Andate avanti» dice, «non fermatevi, non voltatevi indietro».

Mario Greco

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