“Al guardaroba” di Daniele Varelli

Aspetto di entrare a teatro, c’è una recita amatoriale di cui avrei fatto volentieri a meno, ma sono stato invitato e sembrava brutto non venire. Inizia a piovigginare e le porte non si aprono, la gente si innervosisce, almeno fateci entrare nell’ingresso, dice una voce imperiosa, seguita da un borbottio di approvazione. Il mio disagio aumenta, anche perché ho ancora con me il trolley, sono sceso dal treno e venuto direttamente qui, mi chiedo se potrò lasciarlo al guardaroba. Le porte del teatro finalmente si aprono ed eccoci all’interno, sfiliamo sotto lo sguardo di un carabiniere che ci squadra attentamente, al suo fianco un altro personaggio in borghese con la mascella contratta, gli spettatori passano in silenzio, anche l’uomo che polemizzava scivola via senza fiatare. Il biglietto ce l’ho già, ma dov’è il guardaroba? Eccolo, vado al banco e chiedo alla ragazza, oltre al cappotto posso lasciare la valigia? Certo, risponde lei con un sorriso e mi porge un tagliandino numerato. Quant’è? Settantadue centesimi. Credevo di più, penso mentre estraggo dalla tasca il borsellino, ma mi accorgo che è vuoto, a parte un’accozzaglia di plettri per chitarra, scontrini accartocciati, lire, pfennig, scellini, dinari, il gettone di un autolavaggio che c’era qualche anno fa sulla statale, quello di un autoscontro della fiera di Santa Caterina del 1977, una graffetta piegata per fare un amo da pesca, io frugo, frugo, ma non c’è altro, la ragazza mi guarda perplessa e io non so cosa dirle.

Daniele Varelli

Battute: 1.500

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