Annabella è morta. Sotto le unghie il medico legale ha trovato tracce di epidermide, di sangue, di saliva, di cemento, di grasso, di pistacchi, di impasto del pane, di escrementi animali, di calcestruzzo, di latte, di fili metallici, di disinfettante, di fiori, di sabbia, di sale, di giornate passate in terrazzo al tramonto, di sapone, di tasti, di peli, di ginocchia scorticate sui vialetti in terra battuta di ritorno a casa dall’ultimo giorno di scuola di venticinque anni fa.
Le unghie di Annabella conservavano molte cose, ora sono state ripulite per bene perché le mani possano essere incrociate sul petto esanime, in un’apparenza di compostezza.
Annabella ha avuto una morte decisamente poco composta; come aveva sempre temuto, nel momento decisivo il panico l’ha presa e trascinata per la stanza, sbattuta al soffitto, contro le finestre, con la testa giù nel lavandino sotto l’acqua fredda che scorreva dal rubinetto.
Il panico fa queste cose.
Annabella aveva sempre vissuto con molta calma e sapeva che a un certo punto il panico l’avrebbe presa. Lei viveva con calma perché pensava che meno si fosse mossa meno possibilità ci sarebbero state che il panico la trovasse. Anche per questo si lavava malamente le mani e lasciava che tutta la sua vita si accumulasse là sotto.
Ora le mani di Annabella sono linde e leggere, che infatti non riescono a stare appoggiate al petto e si sollevano sopra di esso e, quasi, sollevano lei, fuori dalla bara.
Annabella sta stretta nella bara, in effetti. Annabella è sempre stata fin troppo grande, quasi smisurata, che i sarti nel prenderle le misure aggiungevano metri dopo metri sperando di arrivare, a un certo punto, alla fine della circonferenza.
Annabella occupava tutto lo spazio dentro una stanza. Respirava tutto l’ossigeno su un pianerottolo. La sua voce risuonava per tutto il quartiere e persisteva nell’aria quasi un minuto prima di decidersi a disperdersi. La presenza di Annabella in un luogo e in un momento era inevitabile. Ineludibile. Chiunque si trovasse nello stesso spazio, nello stesso tempo, in cui Annabella stava, soccombeva alla presenza di Annabella. Ché Annabella sapeva stare, come nessun altro al mondo.
Ora che Annabella non sta più al mondo si è formato un grosso vuoto. Si dice ne faranno un parcheggio.
Il ricordo di Annabella non è ingombrante come Annabella, anzi è sottile sottile e quasi impercettibile. Era nelle sue volontà testamentarie: “Lascio un ricordo sottile sottile, quasi impercettibile, a sbiadimento graduale”. Ché ad Annabella piaceva raccogliere, non lasciare.
(Serena Presti Danisi)