“Il primo” di Marco Giovenale

Per lui il problema grande, il primo e quasi il maggiore, non appena svegliato, è trovare le pantofole celesti a lato del letto, districarle dalle ossa. Pescare insomma la sola cosa soffice e indossabile nel polverìo chiassoso di femori, scaglie di bacini, schegge, costole, vertebre, mascelle con i loro pezzetti pezzetti di dente.

Viste e infilate le pantofole, sbadigliando e riguadagnata la posizione eretta, deve scavalcare i mucchi di morti nel corridoio, per arrivare alla cucina e preparare il caffè. In certe mattine si tratta di nuotare attraverso le carogne; in altre (chissà poi) basta arrampicarsi su un sentieretto che si è formato in cima in cima. I vestiti sono fradici. Si inzacchera il pigiama; comunque lo cambierà.

Dopo il caffè, le abluzioni. Anche qui non è facile. Dai rubinetti esce – si dirà matematicamente – solo sangue. Freddo a sinistra, caldo a destra. Ma è una materia grassa,lo sanno perfino i giallisti, e più che lavare insudicia; senza contare il fetore. Tuttavia non c’è alternativa. La radio trasmette le urla continuamente. Negli intervalli, escono seisette battute di Beethoven, ma proprio random. Non che significhino alcunché. Si veste a puntino, giacca eccetera, esce. La porta si apre verso l’esterno con molta difficoltà, fa resistenza. Infatti fuori stanno ammassati non solo cadaveri di persone, ora, ma anche di animali, poi piante cadute, o una quantità di altri oggetti innominabili che sono finiti.

Basta insistere, battere; basta uno spiraglio per essere dall’altra parte. Chiude l’uscio alle spalle; adesso più facilmente. Si gira. A volte non è necessario scendere la rampa di scale, che è tutta ingombra: felicemente ci si può lanciare giù dalla vertigine, e finire sul morbido: al centro della tromba elicoidale infatti spesso si accumulano molti torsi e residui fra i topi. Attutiscono. Adesso è nell’androne, rialza il bavero, apre l’ombrello. Piove (sangue, ovviamente). Fischia, allunga la mano. Il taxi si ferma tra fango e fango.

Al lavoro, al lavoro

[Racconto tratto da “Il paziente crede di essere” di Marco Giovenale, Gorilla Sapiens Edizioni 2016]

Il paziente crede di essere_1 - ISBN

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